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Dott. Francesco Scaccia
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Curare l'omosessualità?
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L’omosessualità è un disturbo mentale?

Per prima cosa è importante sottolineare che l’omosessualità non è una malattia.

L’omosessualità è una variante normale del comportamento sessuale, proprio come l’eterosessualità.

Perché allora si sente spesso parlate di terapie per curare l’omosessualità?

Per rispondere alla domanda si deve ricordare che l’omosessualità non sempre è stata considerata una condizione normale.

L’omosessualità in passato veniva giudicata come una versione patologica dell’orientamento sessuale e solo a partire dagli anni ’70 la comunità scientifica ha stabilito chiaramente che non c’è nulla di patologico nell’essere omosessuale.

Nel 1973 l’American Psychiatric Association (APA) rimosse l’omosessualità dall’elenco delle patologie mentali incluse nel Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali (DSM).

Nel 1993 anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato l’omosessualità come non patologica.

Tuttavia, ancora oggi esistono “professionisti” che ritengono che l’omosessualità sia una patologia, basando le loro affermazione su costrutti non scientifici ma rifacendosi, spesso, a precetti religiosi od etici.

Questi pseudo-professionisti sono convinti, nonostante l’assenza di prove scientifiche, che l’omosessualità sia una malattia mentale e, dunque, una condizione da curare.

Propongono, quindi, terapia per l'omosessualità che secondo loro permetterebbero alle persone omosessuali di diventare eterosessuali.

Non esistono prove scientifiche che supportino l’efficacia di un trattamento che abbia l’obbiettivo di cambiare l’orientamento sessuale.

Al contrario, esiste un numero sempre più grande di ricerche che dimostrano i rischi potenziali collegati all'essere sottoposti ad una terapia “riparativa” o “di conversione” per cambiare il proprio orientamento sessuale.

I dati dimostrano che le persone sottoposte a queste pseudo-terapie sviluppano depressione, ansia, autolesionismo e pensieri suicidari.

Questi pseudo-terapeuti fanno leva su quella che viene definita omofobia interiorizzata.

L’omofobia interiorizzata è l’insieme di sentimenti negativi che alcune persone omosessuali provano verso la propria identità.

Tale avversione verso se stessi nasce dall’introiezione dei pregiudizi, comportamenti e opinioni discriminatorie tipici della cultura in cui siamo immersi ed ha effetti negativi sul benessere psicologico delle persone omosessuali.

Gli omosessuali possono dunque provare verso se stessi forti sensi di colpa, disprezzo, avversione, bassa autostima, a cui si associano ansia, depressione per il senso di disvalore di sé.

I sostenitori delle terapie riparative approfittano di tutti questi sentimenti negativi che gli omosessuali possono provare verso se stessi.

Queste pseudo-terapie, in realtà, non fanno altro che aumentare il senso di colpa, inferiorità e disprezzo, aumentando enormemente la possibilità di sviluppare gravi disturbi d'ansia, depressione e gesti suicidari.

Le ricerche scientifiche dimostrano al contrario che l’accettazione e l’integrazione del proprio orientamento sessuale all’interno della identità favoriscono il benessere psico-fisico.

Detto ciò, è utile sottolineare che avere dubbi sulla propria identità e sul proprio orientamento sessuale è normale.

Soprattutto durante la fase adolescenziale ciascuno di noi può avere dubbi sulla propria persona, sui propri bisogni e le proprie paure.

Questi quesiti, tuttavia, fanno parte dell’essere umano, omosessuale od eterosessuale.

L'essere umano è un soggetto in continuo cambiamento, che viene influenzato dei contesti in cui si trova, delle relazioni che intrattiene, e dalle fasi della vita che affronta.

Fare domande su se stessi è normale ed è ciò che ci permette di crescere e sviluppare un'identità sempre più integrata.

Si comprende che di fronte a domande di questo tipo ciò che è opportuno fare, da parte di un professionista medico o psicologo, non è dare una risposta, suggerendo, ad esempio, che i dubbi sulla propria sessualità derivino da una patologia mentale, ma accogliere questi dubbi per permettere alla persona di comprendere appieno se stessa.

Un vero professionista non cerca di cambiare chi si rivolge a lui secondo i canoni della propria religione o della propria etica.

Un vero professionista, medico o psicologo, aiuta le persone, attraverso un ascolto rispettoso e non giudicante, a comprendere i motivi dei propri dubbi e del proprio disagio e sofferenza, permettendo di sviluppare la propria identità non secondo il modello di “normalità” che ha in testa il professionista, ma aiutando il vero sé della persona ad esprimersi liberamente.

Da quanto detto, si comprende che le terapie per curare l’omosessualità non esistono.

Le pseudo-terapie che cercano di rendere eterosessuali gli omosessuali sono addirittura dannose.

In caso di malessere dovuto dal proprio orientamento sessuale, affidatevi ad uno psicologo professionista che segua il codice deontologico e che basi il proprio lavoro sulle dimostrazioni scientifiche.

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Bibliografia

  • American Psychiatric Association (2000). “ Position statement on therapies focused on attempts to change sexual orientation (reparative or conversion therapies)”. In American Journal of Psychiatry, pp. 1719-1721.

  • Lingiardi, V., Nardelli, N. (2014). Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali. Raffaello Cortina.

  • Rigliano, P., et al. (2012). Curare i gay?: oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità. Raffaello Cortina Editore.

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