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Dott. Francesco Scaccia
Psicologo Psicoterapeuta
 
Dott. Scaccia Psicologo
Il Dolore della Separazione
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Poche esperienze nella vita adulta sono tanto devastanti e trasformative quanto la fine di una relazione amorosa.

La separazione di coppia rappresenta una ferita che si apre non solo nella trama della quotidianità, ma nel tessuto più intimo dell’identità.


Il dolore che segue non è soltanto la reazione a un’assenza, ma la risposta profonda a una crisi di significato: ciò che fino a poco prima dava coerenza, stabilità e continuità al proprio sé relazionale si disintegra.

La coppia, infatti, è un sistema di significati, una co-narrazione: quando cessa, si dissolve anche il linguaggio condiviso che teneva insieme le due identità.

Come scriveva Salvador Minuchin, “una coppia non è la somma di due persone, ma un terzo ente che le contiene e le trasforma”.

Quando questo “terzo” scompare, ciascun individuo deve ridefinire i propri confini, riscrivere la propria storia e trovare un nuovo modo di esistere separato.

La prospettiva sistemica: la coppia come sistema e la crisi come passaggio

Dal punto di vista sistemico-relazionale, ogni coppia è un sistema dinamico fondato sull’interdipendenza.

La relazione costituisce un contesto di autoregolazione: attraverso scambi, rituali, ruoli e regole implicite, i partner mantengono un equilibrio che consente al sistema di persistere nel tempo.

La separazione rappresenta quindi una crisi del sistema: una rottura dell’omeostasi, una perdita di equilibrio che costringe entrambi a ridefinire ruoli e identità.
Boscolo e Cecchin descrivevano la crisi come un “momento di perdita di significato che, se pensato e attraversato, apre la via a una trasformazione evolutiva del sistema stesso”.


Nel dolore della separazione si può cogliere proprio questa duplicità: un collasso e, al tempo stesso, una possibilità di ricostruzione.

Il terapeuta sistemico, in questi casi, lavora non tanto per “curare” il dolore, quanto per dare senso alle trasformazioni che esso porta con sé.

La sofferenza diventa linguaggio, la perdita diventa materia narrativa.
L’obiettivo non è ripristinare il vecchio equilibrio, ma accompagnare la persona (o la coppia) nel processo di rinegoziazione identitaria che segue ogni fine: dal “noi” al “tu” e all’“io” che rinasce.

La prospettiva psicoanalitico-relazionale: la perdita dell’oggetto e la continuità del Sé

Nella psicoanalisi relazionale, la separazione è una forma di perdita d’oggetto che mette in discussione la coerenza del Sé.

Stephen Mitchell e Jessica Benjamin hanno descritto come l’identità personale si costruisca all’interno di una matrice intersoggettiva: diventiamo ciò che siamo attraverso la relazione con l’altro significativo, in un continuo processo di riconoscimento reciproco.

Quando una relazione si interrompe, si spezza anche quella trama di riconoscimenti su cui poggiava la nostra stabilità narcisistica.

Il partner non è solo una persona che amiamo, ma anche lo specchio in cui ci vediamo vivi, desiderabili, pensati.

Per questo la perdita di una relazione può risvegliare sentimenti di disintegrazione o di “morte psichica parziale”.

Non si perde solo “l’altro”, ma la parte di sé che esisteva solo in relazione con lui o lei.

Il dolore da separazione, in questa ottica, ha una funzione trasformativa: se elaborato, consente di reintegrare dentro di sé le funzioni che erano proiettate nell’altro, recuperando autonomia e continuità interna.

Il processo terapeutico, allora, può essere inteso come un luogo in cui il soggetto rinarra la propria storia d’amore e di perdita, passando dalla logica della dipendenza a quella della mutualità possibile.

L’attaccamento e la fisiologia del dolore affettivo

Le neuroscienze affettive e la teoria dell’attaccamento offrono ulteriori strumenti di comprensione.

Il lutto si costituisce come una serie di fasi che consentono alla mente di accettare la realtà della perdita.

Quando un legame si interrompe, i sistemi biologici dell’attaccamento si attivano in modo simile a quelli del dolore fisico: l’assenza dell’altro è vissuta come una minaccia alla sopravvivenza psichica.

Studi più recenti hanno dimostrato che il dolore da rifiuto o separazione attiva le stesse aree cerebrali coinvolte nel dolore fisico (in particolare l’insula anteriore e la corteccia cingolata anteriore).


Il dolore emotivo, quindi, non è una metafora: è un’esperienza reale, corporea, che richiede tempo, simbolizzazione e contenimento per essere elaborata.

L’elaborazione del dolore amoroso passa spesso attraverso oscillazioni tra protesta, disperazione e distacco: fasi che possono durare mesi, e che nel contesto terapeutico diventano occasione di riscrittura narrativa.
Quando il soggetto riesce a pensare la perdita, a nominarla e collocarla nel tempo, il dolore si trasforma in significato — e il Sé riacquista continuità.

La terapia come spazio di pensabilità della perdita

n psicoterapia, la separazione non è vista solo come trauma, ma come opportunità di crescita relazionale.

Il terapeuta funge da “testimone del dolore” e da contenitore simbolico in cui il soggetto può esplorare la propria ambivalenza: l’amore e la rabbia, il bisogno e il rifiuto, la nostalgia e il desiderio di libertà.

Nel modello sistemico, ciò implica aiutare la persona a ridefinire i propri confini identitari; nella prospettiva psicoanalitica relazionale, significa sostenere la possibilità di tollerare la mancanza senza negarla o riempirla immediatamente.

In entrambi i casi, la terapia si configura come un luogo in cui la perdita viene pensata e restituita come parte della vita psichica, e non come un fallimento.

Winnicott (1971) ci ricorda che la capacità di “stare soli in presenza dell’altro” è una conquista evolutiva fondamentale.

La separazione, se attraversata, diventa allora la possibilità di scoprire che si può continuare a esistere anche senza l’altro — non come negazione del legame, ma come sua trasformazione interiore.

Il dolore come trasformazione

Il dolore da separazione è un dolore di identità.

Ogni perdita relazionale ci costringe a interrogarci su chi siamo stati, su chi siamo diventati e su chi vogliamo essere.

È una ferita che attraversa il tempo: la coppia finisce, ma l’esperienza relazionale continua a vivere nella memoria e nella mente, come impronta che modella futuri legami.

La sfida, per chi soffre, è passare dalla frattura alla narrazione, dal silenzio alla parola. E per il terapeuta, il compito è quello di accompagnare, senza forzare, il processo di trasformazione del dolore in significato.

Perché, come suggerisce Cigoli (2006), “ogni separazione, se elaborata, può diventare un atto generativo: un nuovo modo di abitare se stessi e gli altri”.




Dott. Francesco Scaccia
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Bibliografia

  • Benjamin, J. (1995). Like Subjects, Love Objects: Essays on Recognition and Sexual Difference. Yale University Press.

  • Boscolo, L., & Bertrando, P. (1992). I tempi del tempo. Una nuova prospettiva per la terapia familiare. Bollati Boringhieri.

  • Bowlby, J. (1980). Attaccamento e perdita. Vol. 3: La perdita. Bollati Boringhieri.

  • Cecchin, G., Lane, G., & Ray, W. A. (1994). La costruzione della terapia: conversazioni e narrazioni. Raffaello Cortina.

  • Cigoli, V., & Scabini, E. (2006). Il familiare. Legami, simboli e transizioni. Raffaello Cortina.

  • Mitchell, S. A. (1988). Relational Concepts in Psychoanalysis: An Integration. Harvard University Press.

  • Norsa, A., & Zavattini, G. C. (a cura di) (2006). Psicoanalisi relazionale. Modelli, ricerche, prospettive. Raffaello Cortina.

  • Winnicott, D. W. (1971). Gioco e realtà. Armando Editore.


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