Nella clinica psicoterapeutica, il tema della coppia è una costante.
La relazione amorosa, che all’inizio si presenta come fonte di benessere, sicurezza e progettualità, può trasformarsi nel tempo in una prigione emotiva fatta di incomprensioni, rancori e solitudini condivise.
In alcuni casi, la coppia "scoppia" in modo eclatante; in altri, esplode silenziosamente, lasciando dietro di sé sintomi, crisi personali o veri e propri quadri psicopatologici.
Ma perché alcune coppie si logorano fino al punto di rottura? E cosa succede, a livello psicologico e relazionale, quando l’amore diventa sofferenza?
La coppia come sistema: un’ottica relazionale
La teoria sistemico-relazionale considera la coppia come un sistema aperto, dinamico e interdipendente.
Ogni partner porta con sé una storia affettiva, modelli relazionali e ferite irrisolte che influenzano il modo in cui si relaziona all’altro. La relazione non è mai la somma di due individui, ma un’entità a sé, con propri equilibri, regole implicite, ruoli e rituali.
Secondo Salvador Minuchin, uno dei padri della terapia familiare strutturale, nella coppia si possono osservare confini troppo rigidi (che portano a distanza e disconnessione) o troppo permeabili (che danno origine a simbiosi, dipendenza e fusionalità).
In entrambi i casi, l’equilibrio è precario e può diventare terreno fertile per sintomi psicologici o somatici.
Quando l’amore diventa co-dipendenza
Esempio: Luca e Serena, insieme da 12 anni, arrivano in terapia lamentando litigi continui. Serena accusa Luca di essere assente e freddo; lui si sente soffocato e inadeguato.
Indagando le loro storie familiari, emergono dinamiche antiche: Serena ha avuto una madre ansiosa e iperprotettiva, Luca un padre autoritario e distante.
Entrambi si aspettano dall’altro ciò che i genitori non hanno saputo dare.
L’unione si è costruita su bisogni reciproci inconsci, ma non elaborati, e ora quel legame inizialmente rassicurante diventa una trappola.
Questa dinamica è tipica della co-dipendenza affettiva, dove la coppia funziona come compensazione di mancanze individuali. Il problema nasce quando uno dei due (o entrambi) inizia a cambiare, a desiderare autonomia, o semplicemente a crescere.
Il conflitto come linguaggio del disagio
Il conflitto, spesso visto come minaccia alla stabilità, è in realtà un segnale prezioso.
Come suggerisce Esther Perel, celebre terapeuta di coppia, le crisi sono momenti di verità che rivelano bisogni, desideri e paure non detti. Non è il conflitto a distruggere la coppia, ma il modo in cui viene (non) affrontato.
Molte coppie evitano il confronto per anni, cristallizzando ruoli e rancori.
È in questi casi che la psicopatologia individuale può diventare l’unico linguaggio disponibile: depressione, ansia, disturbi psicosomatici o della condotta possono essere espressione del malessere relazionale.
L’attaccamento e la ripetizione del copione affettivo
John Bowlby, con la sua teoria dell’attaccamento, ha mostrato come i modelli relazionali appresi nell’infanzia si ripropongano nelle relazioni adulte.
Le persone con attaccamento insicuro (ambivalente, evitante o disorganizzato) spesso entrano in relazioni che, inconsapevolmente, riproducono dinamiche familiari dolorose, nel tentativo di "ripararle".
Un esempio: Marta, 34 anni, ha avuto un padre intermittente, presente solo a tratti. In età adulta, tende a innamorarsi di uomini sfuggenti.
Ogni rifiuto la getta nella disperazione, ma al tempo stesso alimenta la sua passione.
Il ciclo è patologico: la relazione non nutre, ma riattiva vecchie ferite, aggravandole.
La coppia come contenitore evolutivo (ma non sempre)
La coppia può anche essere una risorsa evolutiva: un contesto dove è possibile trasformare i propri modelli interni, riconoscere le vulnerabilità e crescere insieme.
Ma per fare questo servono consapevolezza, comunicazione autentica e flessibilità.
La terapia di coppia – così come il lavoro individuale – può diventare uno spazio privilegiato per decostruire copioni disfunzionali, dare voce ai bisogni reali e ridefinire un nuovo patto relazionale.
Come direbbe Carl Whitaker, "la crisi di coppia è spesso una richiesta disperata di cambiamento".
Quando separarsi è terapeutico
Infine, va detto: non tutte le coppie devono restare insieme.
A volte, la separazione è un atto di maturità, un modo per interrompere una dinamica tossica e permettere a ciascun partner di riprendere il proprio percorso individuale.
La sofferenza della fine non va negata, ma può essere elaborata per trasformarsi in crescita.
Conclusioni
La "coppia che scoppia" non è solo una metafora del fallimento relazionale, ma un punto di rottura che può portare comprensione, ristrutturazione o cambiamento.
La psicoterapia – di coppia o individuale – non ha il compito di "salvare" la relazione, ma di renderla più consapevole, autentica e libera. E, se necessario, di accompagnarne anche la fine.
Dott. Francesco Scaccia
Psicologo Psicoterapeuta Coach
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Bibliografia
- Andolfi, M. (2010). La terapia familiare. Un dialogo tra identità e appartenenza. Bollati Boringhieri.
- Bowen, M. (1978). Family Therapy in Clinical Practice. Jason Aronson.
- Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Cortina.
- Minuchin, S. (1974). Famiglie e terapia della famiglia. Astrolabio.
- Perel, E. (2018). Erotismo e amore. Riconciliare passione e intimità nella coppia. Rizzoli.
- Real, T. (2002). How Can I Get Through to You? Closing the Intimacy Gap Between Men and Women. Scribner.
- Whitaker, C. (1989). Danzare con l’illusione. Astrolabio.
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