Il suicidio è una problematica complessa.
Dietro un tale gesto estremo non è possibile individuare una sola causa o un motivo preciso.
La teoria più accreditata afferma che il suicidio sia la conseguenza di una complessa interazione di vari fattori: biologici, psicologici, sociali e culturali.
Il suicidio, a livello mondiale, è una delle principali cause di morte, insieme alle neoplasie e alle malattie cardiovascolari.
Nel mondo si contano un suicidio ogni 40 secondi ed i tentativi sono fino a 20 volte più frequenti dei suicidi effettivi.
In Italia le morti per suicidio sono 6,5 ogni 100.000 abitanti, un numero relativamente basso rispetto agli altri paesi europei.
Il dato positivo è che negli ultimi anni il tasso sta diminuendo ma questo, tuttavia, non deve far abbassare la guardia dei professionisti rispetto a questo tema così delicato.
Si deve considerare che i dati, infatti, non rappresentano l’estensione reale di questo fenomeno.
Molte morti che apparentemente sono dovute ad episodi accidentali potrebbero essere, in realtà, l’esito di un’intenzione suicidaria.
Si pensi, ad esempio, agli incidenti stradali o le morti per overdose di droghe.
I comportamenti suicidari possono essere suddivisi in tre categorie:
- suicidio: comportamento autodistruttivo che esita nella morte di chi lo ha messo in atto;
- tentativo di suicidio: azioni agite al fine di togliersi la vita ma che per qualche ragione non ottengono il risultato pensato.
Ad esempio, una persona che viene soccorsa in tempo dopo aver assunto una dose potenzialmente letale di farmaci.
- parasuicidio: comportamenti autodistruttivi e autolesivi ma che non sono finalizzati alla morte.
La persona mette in atto tali azioni come richiesta implicita di aiuto e attenzione.
Ad esempio, il rifiutare una terapia farmacologica o atti autolesivi come il tagliarsi. Sebbene non vi sia un’intenzione di morte, spesso questi comportamenti possono portare al decesso di chi li agisce, ad esempio, se una persona non viene soccorsa in tempo.
Gli studi hanno dimostrato che alcuni gruppi di persone, rispetto alla popolazione generale, presentano una maggiore possibilità di suicidio.
Le categorie maggiormente a rischio sono:
- giovani maschi adulti
- anziani
- persone con gravi disturbi psichiatrici
- persone con dipendenza da alcool o droghe
- coloro che hanno già tentato di togliersi la vita
- detenuti
- persone con alle spalle una storia di gravi traumi e abusi
Gli studi hanno messo in evidenza una forte discrepanza rispetto al genere.
Le persone che si suicidano sono per il 77,9% uomini contro il 22,1% delle donne.
Ciò che li differenzia non è tanto la presenza o meno del desiderio di morte, quanto il fatto che le donne, rispetto agli uomini tendono a mettere in atto tentativi di suicidio che non esitano nella loro morte.
Gli uomini, al contrario, hanno un tasso molto più elevato di suicidio riuscito.
È stato osservato che un importante elemento di rischio è rappresentato dalla presenza di malattie psichici, nel soggetto stesso o nella sua famiglia di origine.
I suicidi, infatti, il 13% delle volte vengono messi in atto da persone con disturbi psichiatrici.
Le patologie maggiormente collegate sono la depressione, la dipendenza da sostanze ed il disturbo di personalità borderline.
Anche l’insonnia, inoltre, può aumentare il rischio.
La possibilità di suicidio aumenta anche in coloro che presentano gravi malattie fisiche.
Il 6% dei suicidi, infatti, sono agiti da persone affette da gravi patologie, generalmente incurabili o particolarmente invalidanti.
La perdita del lavoro e la conseguente difficoltà economica sono un altro elemento che, in alcune occasioni, possono spingere le persone a desiderare la fine della propria vita.
Negli ultimi anni, si sono registrati molti suicidi tra le persone affette da dipendenza da gioco d’azzardo, il cosiddetto gambling.
La perdita di enormi somme di denaro, il senso di colpa e la difficoltà di risolvere la situazione sono ciò che generalmente spinge queste persone a suicidarsi.
Il suicidio da sempre, inoltre, si collega all’isolamento.
La mancanza di sostegno sociale è una delle più importanti motivazioni che spingono a questo gesto estremo.
Le persone che agiscono un suicidio lo fanno sulla scia di un profondo senso di abbandono: la loneliness.
Con questo termine ci si riferisce ad un doloroso senso di solitudine e percezione di una forte discrepanza tra le relazioni sociali desiderate e quelle che si hanno realmente.
A questo si collega una costante sensazione di noia, che si configura come uno stato di costante eccitazione che porta la persona alla ricerca continua di distrazioni e, spesso, anche ad attività pericolose.
Il matrimonio e la presenza di figli, al contrario, rappresentano un forte fattore protettivo rispetto alle idee suicidarie.
Il suicidio nei giovani, spesso, è la conseguenza di prolungati episodi di bullismo e cyber bullismo.
Si calcola che 1 adolescente su 13 abbia tentato di togliersi la vita.
Il suicidio, nel mondo, rappresenta addirittura la seconda causa di morte nei giovani tra gli 11 e i 19 anni.
L’elemento costantemente presente nel suicidio è un senso di disperazione, una sofferenza psicologica insopportabile alla quale la persona non riesce a trovare altra soluzione se non la morte.
Si evince quanto sia importante porre attenzione a chi ci circonda, alla proprio ed altrui sofferenza, e quanto sia essenziale mantenere una posizione di vicinanza a chi manifesta uno stato di profonda afflizione.
La maggior parte delle persone che tentano il suicidio, infatti, non vuole morire.
Le persone che si suicidano vorrebbero vivere ma non riescono a farlo.
Il suicidio rappresenta l’estremo gesto di alcune persone per mettere a tacere un dolore che li attanaglia e per il quale non riescono a trovare possibili soluzioni.
Chi pensa al suicidio, generalmente, comunica la propria intenzione, inviando, in qualche modo, segnali del proprio tormento.
Per prevenire un suicidio è assolutamente necessario riconoscere tali segnali.
Spesso il soggetto a rischio di suicidio si presenta con espressioni come “sono triste, depresso, vorrei essere morto”, oppure, “non riesco a fare nulla, sono un perdente.”.
Alcuni comportamenti possono rappresentare un segnale di ideazione suicidaria, come il disfarsi di oggetti importanti, l’isolarsi, la trascuratezza del proprio aspetto fisico, l’abbandonare hobby e attività quotidiane.
Se si osservano tali comportamenti è bene chiedere direttamente alla persona che cosa le sta accadendo e se stia pensando al suicidio.
Spesso, infatti, chi pensa di togliersi la vita non ha problemi a parlare delle proprie idee suicidarie quando gliene viene data la possibilità.
Se si pensa che una persona abbia reali intenzione suicidarie la prima cosa da fare è chiamare soccorsi.
Il rischio potrebbe essere imminente se la persona ha pensato al suicidio, ha esternato la volontà di morire, se ha progettato concretamente la propria morte ed ha a disposizione i mezzi per farlo come, ad esempio, armi o veleni.
Il suicidio può essere prevenuto, inoltre, cercando di modificare le condizioni che possono mettere a rischio le persone, come l’isolamento, il bullismo, la violenza domestica.
La psicoterapia ha un’importanza fondamentale nel processo di prevenzione.
Alla psicoterapia è, inoltre, spesso importante associare una terapia farmacologica, dopo un’accurata visita psichiatrica.
Dott. Francesco Scaccia
Psicologo Psicoterapeuta
Roma e online
- Via della Lega Lombarda, 13
- Via Gioacchino Volpe, 50
3896048980
info@psicologodellerelazioni.it
www.psicologodellerelazioni.it
Leggi anche "Adolescenza e suicidio: i segnali per prevenirlo".
Bibliografia
- Anita Casadei, Sara Acampora (2016). Il paziente dimenticato: il suicidio. Quando la fine non diventa un inizio, Franco Angeli.
- Charmet G. P.; Piotti A. (2008). Uccidersi. Il tentativo di suicidio in adolescenza, Raffaello Cortina.
- Pompili Maurizio (2013). La prevenzione del suicidio, Il Mulino.
- Tatarelli Roberto (2006). Psichiatria per problemi, Giovanni Fioriti Editore.
- www.istat.it
|