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Negli ultimi anni il dibattito sulle competenze professionali si è spostato sempre più dal “sapere fare” al “saper essere”.
Il mondo del lavoro contemporaneo, segnato da complessità, rapidità di cambiamento e continua ibridazione dei ruoli, richiede non solo competenze tecniche aggiornate ma anche capacità relazionali, emotive e riflessive.
È in questo contesto che la distinzione tra hard skill e soft skill assume un significato centrale — soprattutto nel coaching psicologico, che mira a sostenere la crescita personale e professionale attraverso un percorso di consapevolezza e potenziamento.
Hard skill: la competenza del sapere fare
Le hard skill rappresentano le competenze tecniche, misurabili e oggettive, che si apprendono attraverso la formazione, lo studio o l’esperienza operativa: conoscere un linguaggio di programmazione, saper condurre un colloquio di selezione, utilizzare strumenti di analisi dei dati, o redigere un piano di progetto.
Sono competenze verificabili e spesso certificate, facilmente identificabili nei curriculum e nei processi di selezione.
Tuttavia, la loro centralità — pur fondamentale — sta progressivamente lasciando spazio a un riconoscimento più profondo delle competenze “trasversali”, quelle che consentono di utilizzare le abilità tecniche in modo efficace e sostenibile.
Soft skill: la competenza del saper essere
Le soft skill, note anche come life skills o competenze trasversali, riguardano la dimensione relazionale, emotiva e cognitiva del funzionamento umano.
Tra queste troviamo la comunicazione efficace, l’empatia, la gestione dello stress, la collaborazione, il pensiero critico, la creatività, la flessibilità e l’intelligenza emotiva.
Nel coaching psicologico, le soft skill non sono solo oggetto di valutazione ma diventano strumento di cambiamento.
Allenare una persona alla consapevolezza delle proprie modalità comunicative, o alla gestione delle proprie reazioni emotive nei contesti professionali, significa aiutarla a integrare competenze interne con le richieste esterne del ruolo.
Integrazione delle due dimensioni nel coaching
Un percorso di coaching efficace si fonda sull’integrazione tra hard e soft skill.
Il coach psicologo lavora non solo sulla performance osservabile, ma anche sulle dinamiche sottostanti: credenze, emozioni, schemi relazionali, rappresentazioni di sé e dell’altro.
Da una prospettiva sistemico-relazionale, le competenze non sono proprietà individuali, ma emergono nel contesto delle interazioni: si diventa più efficaci non solo imparando “come fare qualcosa”, ma comprendendo “come si è” nel farlo e “con chi” lo si fa.
Il coaching diventa quindi un laboratorio di metacompetenza, dove il professionista aiuta il coachee a integrare i due piani: consolidare le competenze tecniche attraverso una più profonda consapevolezza personale, e usare le competenze relazionali per valorizzare quelle tecniche.
In questo senso, la distinzione tra hard e soft skill non è una separazione ma una tensione creativa, una dialettica che genera apprendimento e trasformazione.
Le soft skill come competenze emotive e relazionali
La letteratura internazionale ha sottolineato il ruolo dell’intelligenza emotiva come elemento cardine delle competenze trasversali.
La capacità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni, e quelle degli altri, influenza direttamente la qualità delle relazioni, la leadership, la collaborazione e la resilienza.
In ambito psicologico, questo si intreccia con le teorie dell’attaccamento e con la consapevolezza di sé come regolatore delle dinamiche interpersonali.
Il coach psicologo, grazie alla propria formazione clinica, può aiutare il cliente a riconoscere pattern relazionali che ostacolano la crescita e a sostituirli con modalità più funzionali.
Dalla prestazione alla consapevolezza
Il coaching orientato alle competenze non si limita al miglioramento della performance, ma promuove una forma di apprendimento trasformativo: l’individuo diventa capace di riflettere sulle proprie modalità di funzionamento, ampliando la propria visione e la propria efficacia nel mondo.
In questa prospettiva, le soft skill rappresentano un ponte tra identità e azione, tra mondo interno e contesto professionale.
Allenarle significa lavorare sulla coerenza tra ciò che si fa, ciò che si sente e ciò che si desidera diventare.
Implicazioni psicologiche e sfide
- Alcune soft skill possono essere influenzate da caratteristiche personali (temperamento, predisposizioni), contesto culturale, stile educativo: il coaching deve tener conto di questi vincoli individuali.
- Le resistenze interne: credenze limitanti come “non sono una persona creativa” o “non sono bravo a comunicare” possono ostacolare il cambiamento. Parte del lavoro è decostruire queste credenze.
- Sovraccarico tecnico senza gestione emotiva può causare burnout, alienazione, demotivazione. Allo stesso modo, eccellenza emotiva senza padronanza tecnica può generare frustrazione o scarsa credibilità.
- Misurare i progressi nelle soft skill è più sfidante: richiede strumenti qualitativi (osservazione, feedback, diario personale) oltre a possibili scale psicometriche.
Conclusione
Nel coaching psicologico, parlare di hard e soft skill significa parlare dell’integrazione tra tecnica e umanità, tra competenza e consapevolezza.
Il futuro delle professioni e delle organizzazioni dipenderà sempre più dalla capacità di coniugare queste due dimensioni: sapere fare bene ciò che si fa, ma soprattutto sapere chi si è mentre lo si fa.
Dott. Francesco Scaccia
Psicologo Psicoterapeuta Coach
Roma e online
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Bibliografia
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- Goleman, D. (1997). Intelligenza emotiva. Che cos'è e perché può renderci felici. Milano: Rizzoli.
- Mezirow, J. (2003). Apprendimento e trasformazione. Il significato dell’esperienza e il valore della riflessione nell’apprendimento degli adulti. Milano: Raffaello Cortina.
- Spencer, L. M., & Spencer, S. M. (1995). Competenza nel lavoro. Milano: FrancoAngeli.
- Whitmore, J. (2009). Coaching for Performance: GROWing Human Potential and Purpose. London: Nicholas Brealey Publishing.
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